domenica 17 aprile 2016

Alessandra Graziottin / Le ragioni del corpo



Le ragioni del corpo

Intervista ad Alessandra Graziottin



12 GEN 2016 
di 
Direttrice del Centro di Ginecologia e Sessuologia medica dell’ H. S. Raffaele Resnati di Milano, docente universitaria, Alessandra Graziottin nel 2008 ha costituito la “Fondazione Alessandra Graziottin per la cura del dolore nella donna” ed è membro dell’Osservatorio Nazionale sulle Abitudini Sessuali e le Scelte Consapevoli della Società Italiana di Ginecologia e Ostetrica. Autrice di numerose pubblicazioni di carattere specialistico e divulgativo, svolge attraverso i mass-media un’impegnata opera di formazione e informazione sulle problematiche sessuali e le patologie femminili.
Cosa vuole raccontarci di lei? La sua immagine esteriore come “personaggio” pubblico è in sintonia con il suo sentire come “persona”?
Sono una donna ardente, profondamente innamorata della vita. Vivo con entusiasmo e passione, sia nella dimensione personale e interiore, sia nella professione. Mi piace condividere con gli altri l’entusiasmo, gli obiettivi in cui credo, le piccole e grandi gioie, la mia allegria genetica. Nella vita privata sono molto riservata. Amo il silenzio, la solitudine luminosa fatta di riflessione, di musica, di buone letture. Mi piace assaporare con calma la bellezza delle piccole cose. Mi ricarico andando a cavallo, la mia meditazione zen: sport magnifico che mi dona energia e felicità. Non mi sento un personaggio: quello che si vede in video è la mia verità. Sono sincera, diretta, indipendente di pensiero: un lusso costoso e pericoloso, dal punto di vista professionale («troppo indipendente di pensiero per fare carriera universitaria», come dicevano alcuni colleghi). Sono coraggiosa. Mi piace essere coerente con quello che sento e in cui credo, anche se spesso è fuori dagli schemi o dal conformismo dominante. Basti pensare a quanto ho sostenuto l’importanza delle terapie ormonali sostitutive dopo la menopausa, in questi lunghi anni di vero terrorismo anti-ormoni. Li uso per aumentare l’aspettativa di salute delle donne: l’86% delle mie pazienti è in terapia ormonale contro una media nazionale del 3%. Donne vitali, intelligenti, innamorate della vita che s’impegnano in stili di vita sani e vogliono essere protagoniste del presente e del futuro, in salute.
Qual è il sogno di una donna così appassionata e innamorata della vita?
Avere senso nella vita e riuscire a cambiare in meglio la diagnosi e la cura del dolore nelle donne. La missione cui dedico la mia vita, anche grazie alla Fondazione Graziottin per la cura del dolore nella donna Onlus, che ha un fortissimo impegno formativo, educazionale e terapeutico.
Dunque per lei il piacere è…
Nella vita, sentire il mio corpo vivo e ardente. Quando galoppo a briglia sciolta nelle magnifiche colline del Cotswold (UK); o nella mia verde terra veneta col mio cavallo Full (love), quando la brina scricchiola sotto gli zoccoli, al mattino presto, nei prati deserti, e l’alba è luminosa e sento la sua felicità che è la mia; o al Castelluccio, a Spoleto, quando la vallata è un arcobaleno di papaveri e fiordalisi in fiore: il mio corpo è vivissimo e io sono così felice da pensare che «il vento del paradiso soffia tra le orecchie di un cavallo», come recita un antico proverbio arabo. Quando ballo e sento la musica fin dentro l’anima. Quando nuoto a lungo, col gusto che immagino abbiano i delfini. Quando risento il profumo di casa. E molti altri quando… Nel lavoro, sentire una donna che dopo tanto dolore ritrova la sua energia, la sua salute, la sua musica. Vedere un marito che si commuove quando la sua donna sta finalmente bene. Sentire i colleghi appassionarsi a una diversa visione clinica del dolore e sentire che pian piano si possono cambiare le cose.
Pensando alla donna oggi: possiamo parlare di liberazione, integrazione o … ?
Integrazione tra l’essenza millenaria della femminilità, della sensualità, della maternità, e le opportunità straordinarie di esprimersi nel mondo, al di fuori e oltre la coppia e la famiglia, che hanno molte donne nel mondo ad alto reddito. Un percorso per molte acquisito, per molte in embrione, anche per condizioni ambientali sfavorevoli. Mi dispiace vedere molte giovani donne occidentali che buttano via la propria vita nel conformismo, che si arrendono a modelli superficiali di femminilità, che non hanno nemmeno intuìto, o non sono state aiutate a intuire, quanto sia esaltante, e impegnativo, cercare di esprimere al meglio i propri talenti e realizzare per merito i propri sogni nella vita.
Donna e/è potere… cosa ne pensa?
Rapporto complesso con tre percorsi che si intrecciano: il primo è della donna con se stessa. Ha carisma personale, e quindi di fatto ha vero potere, quando ha risolto alcuni nodi profondi che hanno a che fare con la fiducia in sé, l’autostima, ma anche l’uso consapevole e strategico dei talenti che ha: fisici, intellettuali, emotivi, morali, spirituali. Talenti diversi, perché il potere della donna si può esprimere nelle situazioni più varie. Il secondo è della donna rispetto all’uomo e al principio maschile di ordine, gerarchia e uso della forza (fisica e/o legale). Rapporto difficile quando lei cerca di emanciparsi dal ruolo millenario di sudditanza con strategie di merito che non siano espresse “nel nome (e con l’approvazione) di un uomo”: il padre, il marito, il Maestro o l’amante. Il terzo è in rapporto al contesto sociale: si può anche avere la fortuna di un padre e una madre dal cuore grande, che fanno crescere i tuoi talenti, la tua fiducia, che ti educano a pensare in modo indipendente e a credere in te. Questo ti dà una grande forza, coraggio, determinazione, ma poi sarà comunque durissimo confrontarsi con un mondo maschile che usa codici e modalità arcaiche di leggere e limitare il femminile.
Dalla sua esperienza come donna e con le donne, come rappresenterebbe il rapporto donna-uomo contemporaneo: confronto o scontro?
Confronto quando si ha la fortuna di incontrare uomini “risolti” nel loro rapporto con se stessi, il lavoro, l’ambizione e il mondo. Scontro quando si incontrano uomini mediocri e irrisolti, grigi e frustrati, specialmente quando occupano immeritate posizioni di potere.
Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che s’intrecciano, confliggono o si elidono?
Tre fili idealmente ben intrecciati, che nella vita reale incontrano tessiture incompiute, con smagliature, buchi, disegni incomprensibili, a volte, anche per chi li ha tessuti.
“Passione e distacco” è il suo motto…
Sì, perché entro nella vita e in tutte le cose in modo appassionato, è il mio modo di essere e vivere. Ma riesco anche a prendere le distanze: in modo dialettico, reversibile, per ascoltare, osservare, comprendere; e irreversibile, con persone o situazioni che hanno fatto il loro tempo, per lasciarle andare, senza nostalgia e senza rimpianti. La vita è troppo breve.
Sofferenza e gioia, dolore e piacere: un arcobaleno di emozioni e sensazioni che sono vibrate sia nella sua esperienza di formazione che nella pratica clinica…
Sì, è stata ed è una vita molto intensa dal punto di vita emotivo e affettivo, oltre che professionale. Ho ricevuto moltissimo dalle donne, alcune in particolare, che ho avuto la gioia e il privilegio di seguire, ma anche dagli uomini di qualità, devoti e affettuosi, che le accompagnano alla visita.
Corpo e cuore è il titolo di un suo libro: può essere la definizione della sua attività?
Sì, perché mi piace ascoltare i sintomi che la donna mi rivela con il suo corpo, oltre che con le sue parole; studiare molto, per scoprire «le ragioni del corpo che la ragione non conosce», parafrasando Pascal; e trovare cure, a volte davvero innovative, che consentano alla donna di uscire dalla trappola del dolore per tornare a vivere con pienezza e con gioia.
Lei è anche psicoterapeuta: quanto incidono i disturbi psicosomatici nella sofferenza delle donne?
Senza corpo non c’è psiche, almeno in una visione laica. Di converso, la psiche abita il corpo perché le emozioni e lo stress risuonano in ogni cellula. La salute fa sorridere cuore e anima, la malattia le opprime fino a morirne. Non si può essere buoni medici se non si ha empatia autentica verso i sentimenti dei nostri pazienti e la verità della loro sofferenza, anche emotiva.
Ha studiato le abitudini sessuali degli Italiani: quali sono i cambiamenti più significativi degli ultimi decenni?
La scissione tra sessualità e procreazione; la crescente promiscuità con l’esplosione di malattie sessualmente trasmesse, una vera epidemia; l’uso di droghe e sesso chimico in fasce di età sempre più giovani; la banalizzazione della sessualità; l’uso strumentale del corpo; la paura del coinvolgimento amoroso.
Non pensa che dalla “repressione” sessuale, basata su tabù, si sia passati a una “bulimia” del sesso?
Sì, è una bulimia che abbisogna di eccitanti chimici per sopravvivere alla noia della ripetizione. Un sesso promiscuo fatto di corpi senza identità. Senza una relazione significativa che emozioni, faccia sentire unici e incanti con una vertigine di desiderio esclusivo… almeno per un po’.
L’emancipazionismo e il femminismo hanno inciso nella vita sessuale femminile?
E’ stata una grande rivoluzione, che ha portato alla separazione tra sessualità e procreazione, alla contraccezione, al diritto al piacere femminile, alla libera scelta del quando, se e con chi diventare madri. Creando le basi per una vera autonomia.
E l’educazione sessuale in Italia?
Molto scarsa, con lodevoli eccezioni, poco attenta alle emozioni dell’adolescenza e che confonde il parlare di trasgressione, o usare linguaggi sessualmente violenti/volgari, per “educazione sessuale”. Manca in modo sconfortante l’educazione sentimentale, che latita in primis in famiglia.
Il “viagra” al femminile modificherà la vita sessuale femminile?
No, se si parla di flibanserina, di fatto una ballerina di terza fila, approvata negli Usa ma non in Europa, data la modesta evidenza di efficacia. Sì, se parliamo di testosterone, amico formidabile della sessualità e della vitalità delle donne, per fortuna in fase di riscoperta. Con le mie pazienti lo uso da decenni, e lo amano pazzamente.
Quali ambienti, angoli, monumenti della città le ispirano “passione”, e quali “distacco”?
Adoro la Milano segreta dei giardini interni, inattesi e incantevoli; la Milano profumata dai glicini, dai gelsomini, dai tigli che assaporo in bicicletta, a primavera; la Milano colorata d’autunno, quando gli alberi si tingono di colori imperiosi e magnifici. Mi provoca rabbia, e non distacco, vederla orrendamente imbrattata da vandali che a torto chiamiamo “writers”, come se il termine inglese nobilitasse ex se un comportamento deplorevole.
Luisa Mariani
Psicologa, psicoterapeuta, docente di psicoterapia dell’adolescente e di teoria psicoanalitica presso la Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica di Milano, sono autrice di contributi pubblicati su riviste specializzate riguardanti la supervisione e il gruppo clinico come strumenti di apprendimento nella formazione in psicoterapia.
Ho organizzato corsi e convegni sull’età evolutiva per genitori, insegnanti ed operatori e collaboro a quotidiani e periodici con articoli sulla cultura psicoanalitica, sulle relazioni familiari e sul rapporto tra cinema/arte e psicoanalisi. Conduco seminari per psicoterapeuti sui temi dell’ascolto del corpo, del pensare per immagini e del recupero della capacità di “sognare” come strumenti clinici nella psicoterapia ed è in questo senso che mi appassiona utilizzare il cineforum come mezzo di formazione. D’altra parte se il sogno è all’origine della psicoanalisi e della sua teoria della mente, lo è anche all’origine della creazione di immagini artistiche, di quelle cinematografiche in particolare, ma anche di quelle pittoriche, scultoree, letterarie e musicali.
Mi sento profondamente in sintonia con quei modelli teorici della psicoanalisi secondo cui nella pratica clinica “l’analista deve essere capace di costruire una storia.” (W.R. Bion) e dove lo psicoterapeuta nella sua funzione interpretativa “Deve dunque avere familiarità con quelle sorgenti delle fantasticherie proprie dello scrittore creativo …” (G. Di Chiara): è lasciandomi andare in questa corrente immaginopoietica e visionaria che sognerò e narrerò “storie”.




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